Arte sembra sempre più essere sinonimo di happening, di gestualità. L’opera, un grido che esalta un’ideologia o una missione, denuncia al pubblico uno scandalo, un’ingiustizia.
Attraverso la porta sfondata dai Dada, molta pittura attuale, spesso col rinverdito supporto della figurazione, via opposta alle rarefatte composizioni del Moderno e dell’ astrattismo, centra appieno l’obiettivo di creare coinvolgimento.
Mi chiedo, possiamo parlare di arte?
Senza dubbio almeno una parte delle opere migliori è stimolante, possiede originalità e comunica. Un agnello sgozzato, ‘nu buono guaglione nel sangue della lupara…
L’opera non dà adito a dubbi, come un pugno nello stomaco. Un marine orribilmente ferito dalle granate… Chi non è contro la guerra?
Scene altrettanto forti ma certamente assai più facili da percepire dell’orrore tramesso da Guernica: Picasso, anni di studi, di affinamento compositivo, di ricerca della sintesi nella figurazione. Entrambe le due forme di performance hanno indubbia efficacia,
ma, a mio avviso, Guernica è e rimarrà sempre arte; la lupara e il marine sono meri tentativi di informare e stupire, di apparire o, al meglio, di etico giornalismo.
In questa deriva suicida dell’arte, studi del Moderno sulla forma, di ricercatori naturalisti, teorici, critici e artisti come D’Arcy Thomson, Kandinskij, Mondrian, Wittkower, Panofsky, Gombrich, Munari, Dorfles, sembrano dissolversi come arcaiche accademie, graffiti sepolti di civiltà lontane.
Il ruolo dell’arte credo non sia riducibile a messaggio-denuncia.
Sono certo che l’arte debba essere il punto più alto di un corpus identitario che include sentire e disciplina, dedizione e perizia. E non necessariamente essere eticamente corretto.
Anche quando l’artista è chiamato a testimoniare tragedie o passioni, vi riesce appieno solamente con paziente lavoro e ingegno per la bellezza.
Un corpus che trae vibrazioni e poesia da materie povere e brute ma minuziosamente accarezzate e disposte con sapienza. Diceva Burri dalla sua Città di Castello, sornione: “Potete stare tranquilli signori, la composizione è perfetta”. La cura certosina del più impercettibile dei dettagli faceva il resto, tramutando i materiali più ingrati in gioielli.
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