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SETTE DOMANDE a SPIGAI

INTERVIEW

Intervista di Massimiliano Condotta (ricerca in collaborazione con il Getty Reserach Institute di Los Angeles)

1. Dove va l’arte oggi?

Cosa sia o cosa debba essere l’arte oggi…, e in particolare le arti plastiche e figurative, è difficile a dirsi.

Personalmente credo che l’arte, negli anni che viviamo, non possa accontentarsi di denunciare o di stupire, come vediamo spesso in molte forme di happening o di allestimenti recenti, in cui sembra sia sufficiente colpire il pubblico con una buona idea, una trovata: dove l’artista si appaga esprimendola e chi vede e ascolta riceve, più o meno meravigliato o convinto.

Non credo neanche che debba essere tout-court testimonianza di dissenso, denuncia etica, sociale, ecologica o messaggio politico. O comunque non solo questo. Evidentemente nulla togliendo all’impegno e alla sincerità di chi si dedica a questo tipo di comunicazione.

Ritengo che comunque un’opera se pur intensa e significativa ma sciatta ed eseguita grossolanamente possa forse persuadere a tratti, ma non piaccia nell’intimo, non dia gioia né innamoramento; credo che l’opera si misuri anche sulla dedizione e la cura di chi l’ha eseguita. Che un artista possa sentirsi soddisfatto se le sue creazioni, al di là del messaggio che comunicano, riescano a dare anche un solo momento di serena contemplazione, di abbandono e piacere.

Sono convinto che le arti plastiche possano aspirare ad una evoluzione che permetta di superare l’attuale stato di totale essenza di regole e di strutture espressive. Non dico a una "razionalità dell’arte", come professava Kandinskji, ma a un minimo di costrutto sintattico condiviso. Per capirci, che riescano a portarle al livello dei costrutti espressivi musicali, in cui nei secoli sono maturate delle convenzioni compositive che permettono un buon livello di intercomunicazione tra gli artisti, i cultori e il pubblico e anche nell’insegnamento.

Non per caso in molti conveniamo che la musica sia la più avanzata delle arti.

2. Pensi quindi a una possibile connessione tra le Arti, in particolare tra pittura e musica?

La Musica è pura forma, un’arte che spesso comunica poco messaggio diretto, che trasmette soprattutto sensazioni; non a caso spesso si accompagna al linguaggio parlato. La buona musica convince ed è avvincente anche se veicola messaggi ambigui o di per sé poco significativi. Si pensi all’insulsità della maggioranza dei testi della lirica più stupenda o alla leggera pochezza delle parole di tante magnifiche e indimenticabili canzoni. La musica trasmette forma, armonia, atmosfera, ritmo preciso, gradevole colore e sonorità. E’ la sola arte veramente, intrinsecamente astratta… e la pittura astratta si avvicina molto, non solo per questo, alla musica!

Forma in sé, che, con la sua struttura e i suoi ritmi, dà sollievo e piacere, anche nelle sequenze più dolci e narrative o, al contrario, più dure e drammatiche. Forma che possiede propri statuti, che sussistono e, in quanto tali, possono si possono variare e anche contraddire.

3. Quali sono i temi principali della tua ricerca nelle arti plastiche e figurative?

Per quando ho appena detto, il primo tema è la forma visiva e la sua struttura. Della forma in sé e della sua bellezza razionale, della strutturazione della forma nel rapporto tra musica, arti plastiche e architettura ma anche al di fuori di tale rapporto. E' ciò che mi sta più a cuore nel disegno, nella pittura, nel collage e nel bassorilievo, nei re-fusion digitali.

E’ quindi un tema antico; di certo fuori di moda ma a mio avviso invece molto attuale. Direi quasi necessario, in questo momento di grande proliferazione di mezzi espressivi ma anche di incontrollabile confusione, pullulare di arti, surplus di mezzi espressivi, d’informazione e d’intreccio mediatico.

Il secondo tema è un ricorrente rimando al Rinascimento e alla concezione rinascimentale della forma come imitazione della natura. Il tema di sempre, scottante, utopico, della forma ideale, della forma come imitazione della natura. Mito intorno a cui si lottava nel periodo artistico che tra tutti prediligo: la fase iniziale, rivoluzionaria ed esplorativa, delle teorie neoplatoniche e dell’invenzione della prospettiva, nel primo Rinascimento.

Un tema che ritengo sia ancora oggi, forse ancora di più nelle contraddizioni e nell’eccesso di messaggi e di relazioni della nostra epoca, portatore di un fascino terribile ma soprattutto, al di là di questo, di istanze di musicalità, serenità e quiete.

4. Come possiamo definirlo,… una sorta di sentimento della natura?

Non occorre essere dei profondi conoscitori di biologia e di chimica o degli appassionati osservatori di natura, per percepire e riconoscere la sottile e inimitabile bellezza delle forme del mondo. Bellezza che permane a tutte le scale, dall’infinitamente piccolo all’immensamente grande, dalla sezione di una cellula al microscopio, al corpo molle di un organismo in crescita, alla galassia più remota e irraggiungibile.

Fin da bambino, ci si arrangiava con tutto nel dopoguerra, ho fatto sempre parte di piccoli gruppi di amici, molto ingenuamente e un po' rozzamente romantici, inguaribili osservatori del mondo della natura. Forse è stata una fortuna doversi arrangiare.

Spesso la maggior parte delle persone questa qualità delle cose del mondo non la osserva e non l’avverte, e comunque la ignora, attratto da fenomeni più diretti e macroscopici; mentre per altro verso esiste tutta una mitologia, una editoria e un proliferare mediatico di tale bellezza, spesso estremamente superficiale, banalizzante e stucchevole. Per non parlare dei mille ecologisti che di natura non sanno niente e che non saprebbero distinguere un carpino da una quercia; ma soprattutto che non sentono niente, se non il rancore - giusto peraltro - verso chi contribuisce a distruggerla.

Questa qualità estetica, per chi vede e sa coglierla, è indiscutibile. Da cosa si origina, in cosa consiste? E’ la indicibile razionalità e perfezione sottesa al mondo della natura. Come questa razionalità immanente, divenendo percettibile attraverso in nostri sensi, nella fattispecie la vista, diviene sensazione, percezione estetica?

5. Dall’antica Grecia, dall’invenzione delle serie di Fibonacci, al Modulor di Le Corbusier, tutti i periodi  artistici hanno cercato delle risposte…

Tutti sappiamo che fin da Pitagora e Platone, alle radici del pensiero occidentale, e attraverso i secoli fino a Fra’ Luca Pacioli e Piero della Francesca, in musica come in architettura, si è prodotto un grande sforzo per cercare leggi e misure di questa perfezione. Che da sempre, dagli egizi agli scultori-filosofi ellenici, attraverso l’opera degli artisti a più riprese, in tutte le epoche, molto spesso anche esagerando e con inutili falsificazioni, si è cercato di riprodurre tali supposte regole di perfezione nelle opere dell’uomo.

In questa tradizione, in un primo periodo a partire dal 1970, molte mie opere hanno lungamente sperimentato, sulle orme dei classici ma anche di moderni come Gris, Villon, Ozenfant, Severini, Burri e di altri pittori, ma anche di tanti architetti illustri come Terragni e Le Corbusier, sui rapporti proporzionali nell'esercizio e nella disciplina della composizione.

In effetti le ieratiche proporzioni di dipinti, sculture e architetture composte secondo tali rapporti costituiscono già un punto di riferimento. Non la scorciatoia per ben comporre ma un ausilio che permette, soprattutto nei primi passi, di controllare le proprie composizioni; ma questo già si sapeva, anche se non vi è accordo unanime evidentemente.

Sui rapporti proporzionali nella composizione ho speso appunto i primi anni di esperimenti e prove, in pittura, parallelamente a quanto andavo facendo in architettura, con molte opere negli anni settanta (Impatto 1971, Equilibrio 1972, A&A Anime Azzurre 1981).

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6. Questa ricerca è tutt’ora in corso?

Su questo versante la mia ricerca successivamente è andata avanti, con tentativi e sorprese.

Mi riferisco a una lunga serie di quadri, dal ’79 ad oggi, che ha prodotto dipinti e bassorilievi con le tecniche della riproduzione e ingrandimento con l’aiuto di passaggi fotografici, del collage, dello stampo, del taglio e dell’incisione. Deformazioni e trasformazioni che al momento continuano con gli studi digitali, argomento delle ultime mostre. E’ un’investigazione a tutto campo sulle trasformazioni delle figure e delle strutture e sulla permanenza in esse della forma. Lavora cioè su deformazioni prospettiche, scomposizioni, frammentazioni e sovrapposizioni a partire da forme (forme naturali, forme pure) inizialmente date.

In effetti, è una delle tante strade esplorate in lungo e in largo dall’opera di Paul Klee. Dopo aver studiato scritti e opere per anni, lo considero il maggiore, e il più coerente, dei grandi innovatori della razionalità cresciuti intorno al Bauhaus. In alcune opere e negli esercizi che proponeva ai suoi studenti, Klee lavora sulle relazioni topologiche e sulle alterazioni delle forme, sui controlli delle relazioni tra le parti, tra gli attanti (protagonisti) della composizione. I suoi pattern, non sono strutture strettamente geometrico-euclidee ma strutture in senso più lato, linguistico; cioè relazioni logiche, univoche e necessarie, tra le parti di un tutto. In parole più semplici, si tratta di modalità più sofisticate ed evolute per il controllo delle posizioni reciproche degli attori dell’opera rispetto al senso dell’azione del quadro. In alcune sue opere tale coerenza formale appare come fatto voluto e compiuto (Thürlemann, 1982): la struttura logica del racconto rappresentato coincide con precise strutturazioni formali e scelta dei segni.

Non per caso la lettura di un’opera di Klee eseguita attraverso la semiotica porta a identificare delle caratteristiche di leggibilità e di coerenza interna che è ben difficile trovare in Kandinskij o Mondrian, per citare gli autori più noti di quello che potremmo definire l’astrattismo razionale coltivato in Francia, Germania e Russia tra il 1912 e il 1945, che sento come il periodo più rivoluzionario, e nello stesso tempo fondativo, della storia dell’arte occidentale.

7. In molte delle tue opere sembra leggersi, anche dai titoli, una sorta di energia repressa o d’ insofferenza. E’ un’impressione giusta?

Come accennavo, motivi ricorrenti nelle mie opere provengono, come per tutti gli autori, da motivi della mia vita e dell'infanzia, importanti come per chiunque, di cui peraltro provo un certo imbarazzo a parlare.

Gli anni cruciali della mia formazione sono stati quelli subito dopo la guerra che ho vissuto in terre bellissime: tra Volterra, Livorno e La Spezia, in una vita selvaggia, che i miei hanno saputo assecondare. Il Tirreno, la Lunigiana, le Alpi Apuane e i magnifici Appennini tosco-emiliani. Un ambiente di marinai e militari (padre, nonni e bisnonni in Marina) e profondamente cattolico, con i suoi lati solidi e positivi ma anche le ipocrisie, l’etichetta, i privilegi…Comunque un’infanzia felice, una famiglia amorevole, lunghissime vacanze tra le montagne e il mare, gli incredibili boschi dell'Appennino.

Con questi precedenti, terminato il liceo a Livorno e nell’ultimo anno dell’università a Roma, l’esperienza del ’68. E di tutto quello che il ‘68 ha rappresentato per la mia generazione, nel bene e nel male; che oggi, noi per primi, si voglia o no ammetterlo.

Dico proprio per quelli della mia generazione, cioè quelli che hanno vissuto tutta la giovinezza, l’adolescenza e terminato gli studi sotto il vecchio regime e i vecchi costumi, facendo i chierichetti e i boy scout. Che pochi anni dopo si sono scrollati di dosso le stantie convenzioni e ribellati, organizzando in modo spontaneo le primissime scalcinate “occupazioni” italiane; cambiando modi di vestire e di vivere giornalmente, di rapportarsi agli altri nelle amicizie e nell’amore; magari rifiutando le facilitazioni del proprio ambiente borghese, andando via da casa e arrivando anche a trattare male genitori bravissimi che avevano il solo torto di appartenere alla generazione precedente, etc. etc. Sessantottini bastardi che hanno poi continuato a perseverare anni e anni inselvatichiti nella protesta… Spesso pagandone anche in modo salato le conseguenze, sia sul piano della vita personale e familiare che su quello del lavoro e professionale, universitario, etc. (Self-Protrait 1980).

Questi motivi di insofferenza e rivolta, sono presenti in modo fin troppo ingenuo ed esplicito in diverse mie opere tra il 1970 e il 1980, ma quell’imprimatur e quel senso di esplosione, rottura e liberazione permane costantemente, a volte intrecciato con inevitabili richiami all’espressionismo (Der Balue Reither 1981) e al futurismo (Boccioni, Balla) e alle correnti italiane del dopoguerra (Fontana, Pomodoro e Burri), autori a cui certamente chiunque dipinga oggi, se ne renda conto o meno, deve qualcosa.

I tre temi, contestazione e rivolta, strutturazione della forma e spirito di natura del mondo classico, costituiscono i motivi e i moventi principali di buona parte di quadri e graffiti di quel periodo. Tre motivi che coesistono e si rilanciano l’un l’altro, spesso in una contrapposizione violenta che li mette reciprocamente in risalto. In alcuni dipinti e bassorilievi è la tensione, il motivo sociale e di costume che prevalgono (Contro 1977, Violenza 1981, pulsione 1981, rosso 1981). In altri quello legato alla Rinascenza e al mondo classico (la Battaglia di S.Romano 1982, Via Sacra 1985, Timeus Icona 1987) e infine l’argomento più caro: la forma della natura, il tema dell’infanzia, il più intimo e contemplativo (Alghe rosse 1978, Due Creature 1979, Grillon 1987, Le Livre Vert 1986).

Altri dipinti narrano di storie molto speciali che hanno segnato la mia vita (A&A 1981, Toulon Julie 1982, Storm Friends 1987) e che probabilmente interessano solo il sottoscritto, ma che, essendo narrate e composte - se il parallelo con la musica, per quanto detto, è legittimo - all’interno dei principi formali e delle medesime preoccupazioni ascrivibili ai tre temi principali descritti, spero riescano a richiamare sentimenti e atmosfere di valore più generale.

Padova, 15 dicembre 2012

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